Agosto 2023
Carissimi catechisti,
eccomi qui per inaugurare un nuovo anno con voi e non senza di voi. Dopo aver vissuto l’esperienza della GMG con i giovani e aver letto qualche appunto del Vescovo Mario per il nuovo anno pastorale; dopo l’attento ascolto nella verifica di maggio, vi rivolgo alcune parole di inizio e di invito.
Pensando alla catechesi, con la proposta ai bambini e ai genitori, a mio modo di vedere, essa dovrebbe essere sempre e solo una grande esperienza del cuore dove la ragione si incontra col sentimento e, in questa sorta di richiamo reciproco, diventa fonte in ogni bambino del desiderio di Dio. Forse la sfida sta proprio non nel dire tutto della “dottrina” ma tutto della bellezza di amare e conoscere Gesù vivo e presente in mezzo a noi; dovremmo educare al desiderio per educare in seguito il desiderio. Forse vivendo la preghiera non come una cosa in più, staccata da ciò che insegniamo, ma quale luogo entro cui le cose che spieghiamo mostrano la loro verità e vitalità, potremmo percorrere una nuova via di evangelizzazione?
Una preghiera che ci dà il senso del MENDICANTE , ossia di colui che ha bisogno di tutto, perché da soli non possiamo fare nulla. Già questa è una sfida… il nostro mondo individualista non la pensa così… nemmeno molti bambini o genitori…. Magari anche noi sotto sotto non vogliano mendicare…
Una preghiera che rende MISSIONARI perché capace di annunciare il Vangelo, quella buona notizia del Figlio dell’uomo che non ha nessuna sicurezza ma che per ognuno di noi è pietra su cui fondare la vita.
Noi non spieghiamo una storia del passato ma, annunciando la morte di Gesù, ne proclamiamo la risurrezione e, con la presenza dello Spirito, lo attendiamo nel suo ritorno,
Pregare è attendere. Ma chi attendo? Ecco il racconto della vita di Gesù.
Pregare è fiducia. Ma di chi mi fido? Ecco la non paura che sa diventare amore.
Pregare è vivere. Di cosa vivo? Ecco il Vangelo declinato nei Sacramenti quali esperienze di grazia e istruzione per imitare Gesù. In tutte queste domande c’è in gioco tutta la nostra personalità, tutti i nostri carismi donati a edificazione del prossimo, perché offerti per essere sempre dati e mai trattenuti.
Carissimi, vi esorto a fare della catechesi un laboratorio di vero e significativo incontro con Gesù nella semplicità dei rapporti senza fuochi d’artificio belli al momento ma che a distanza di anni non lasciano il segno, un punto di riferimento. Mi chiedo. A che punto siamo personalmente su questo? Quanto preghiamo? Come preghiamo? A chi parliamo? Chi ascoltiamo? Facciamo costante discernimento se quello che diciamo e facciamo lo vuole anche Gesù, lo direbbe o farebbe Gesù?
Rallegriamo il Signore sempre, contro ogni forma di peccato e divisione che solo lo rattristano e non sentiamoci mai arrivati, mai dalla parte di chi conoscendo trova sempre le strade della giustificazione ma ripetiamo spesso la semplice preghiera insegnata da Maria ai pastorelli di Fatima: “O Gesù mio, perdona le nostre colpe, preservaci dal fuoco dell’inferno e porta in cielo tutte le anime, specialmente le più bisognose della tua misericordia”.
Vorrei concludere con un testo (sicuramente ve l’ho già proposto ma ripetere giova) estrapolato dal trattato «Salita al monte Carmelo» di san Giovanni della Croce (Lib. 2, cap. 22) dal titolo: “Dio ha parlato a noi per mezzo del Figlio”. Scrive: «Il motivo principale per cui, nell’antica Legge, era lecito interrogare Dio ed era giusto che i sacerdoti e i profeti desiderassero visioni e rivelazioni divine, è che la fede non era ancora fondata e la legge evangelica non ancora stabilita. Era quindi necessario che si interrogasse Dio e che Dio rispondesse con parole o con visioni e rivelazioni, con figure e simboli o con altri mezzi d’espressione. Egli infatti rispondeva, parlava o rivelava misteri della nostra fede, o verità che ad essa si riferivano o ad essa conducevano. Ma ora che la fede è basata in Cristo e la legge evangelica è stabilita in quest’èra di grazia, non è più necessario consultare Dio, né che egli parli o risponda come allora. Infatti, donandoci il Figlio suo, ch’è la sua unica e definitiva Parola, ci ha detto tutto in una sola volta e non ha più nulla da rivelare. Questo è il senso genuino del testo in cui san Paolo vuole indurre gli Ebrei a lasciare gli antichi modi di trattare con Dio secondo la legge mosaica, e a fissare lo sguardo solamente in Cristo: «Dio che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio» (Eb 1,1). Con queste parole l’Apostolo vuol far capire che Dio è diventato in un certo senso muto, non avendo più nulla da dire, perché quello che un giorno diceva parzialmente per mezzo dei profeti, l’ha detto ora pienamente dandoci tutto nel Figlio suo. Perciò chi volesse ancora interrogare il Signore e chiedergli visioni o rivelazioni, non solo commetterebbe una stoltezza, ma offenderebbe Dio, perché non fissa il suo sguardo unicamente in Cristo, e va cercando cose diverse e novità. Dio infatti potrebbe rispondergli: «Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo» (Mt 17,5). Se ti ho già detto tutto nella mia Parola ch’è il mio Figlio e non ho altro da rivelare, come posso risponderti o rivelarti qualche altra cosa? Fissa lo sguardo in lui solo e vi troverai anche più di quanto chiedi e desideri: in lui ti ho detto e rivelato tutto. Dal giorno in cui sul Tabor sono disceso con il mio Spirito su di lui e ho proclamato: «Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo» (Mt 17,5), ho posto fine ai miei antichi modi di insegnare e rispondere e ho affidato tutto a lui. Ascoltatelo, perché ormai non ho più argomenti di fede da rivelare, né verità da manifestare. Se prima ho parlato, era unicamente per promettere il Cristo e se gli uomini mi hanno interrogato, era solo nella ricerca e nell’attesa di lui, nel quale avrebbero trovato ogni bene, come ora attesta tutto l’insegnamento degli evangelisti e degli apostoli».
Nell’attesa di rivederci,
vi auguro di essere sempre catechisti “pieni di vita”!
Con affetto
Don William