Editoriale di Camminiamo Insieme di febbraio 2022

MASCHIO E FEMMINA LI CREÒ

La prima domenica di febbraio è, da anni, la GIORNATA PER LA VITA.

Tante persone, ultimamente, mi hanno chiesto di pronunciarmi su un fenomeno che, in questi ultimi tempi, sembra dilagante: il femminicidio.

In realtà questo fenomeno è solo una parte di un fenomeno più vasto che è quello della VIOLENZA nei rapporti interpersonali (e c’è un problema anche di violenza nei confronti della natura, degli animali…).

Viviamo in un mondo che è intriso di violenza: alcune trasmissioni televisive, i cori di “tifosi” negli stadi, i messaggi che si ritrovano sui social, le modalità di rapportarsi agli altri quando ci sono divergenze, la pretesa di aver sempre ragione e voler imporre le proprie ragioni agli altri, modelli culturali che esaltano l’uomo come “vincente” cioè ricco, potente, gaudente e disprezzano forme di vita semplici e miti.

Non sono mancati interventi di esperti, antropologi, sociologi…, che hanno analizzato questi fenomeni.

Ma vorrei soffermarmi solo sulla questione del rapporto uomo-donna e chiedere alla Parola di Dio una illuminazione in merito.

I primi 11 capitoli del Libro della Genesi, come ormai tutti sappiamo, non sono racconti “storici” nel senso della cronaca di COME Dio ha creato il mondo. Sono invece racconti “sapienziali” che vogliono rispondere alle domande sui PERCHÉ della vita: “Chi siamo noi? Da dove veniamo? Perché esistiamo come maschio e femmina? Perché c’è conflitto tra uomo e donna, tra fratello e fratello? … ”

Il popolo di Israele, illuminato da Dio, ha trovato delle risposte che ritroviamo nei primi capitoli della Genesi dove Adamo, Eva, Caino, Abele… sono simboli di ogni essere umano.

Genesi 1, 27: “Dio creò l’uomo a sua immagine,

a immagine di Dio lo creò,

maschio e femmina li creò.”

I capitoli 1-2 della Genesi mostrano quello che era il progetto originario di Dio quando ha deciso di creare l’uomo nella dualità maschio-femmina: una dualità pensata per l’armonia, l’unione feconda, l’arricchimento reciproco.

L’esperienza però insegna che, in realtà, questo non sempre avviene. Nel capitolo 3 di Genesi viene narrato il “peccato d’origine” che è nell’uomo: l’uomo non accetta di vivere secondo il progetto originario di Dio ma sceglie di vivere seguendo criteri e istinti personali.

Genesi 3, 16 esprime come il desiderio dell’altro possa diventare, in realtà, volontà di dominio:

“Verso tuo marito sarà il tuo istinto

ma egli ti dominerà”.

Il versetto 3, 16 è stato a lungo utilizzato per giustificare e teorizzare (come voluta da Dio) la posizione subordinata della donna rispetto all’uomo. Ma il testo afferma esattamente il contrario: è il peccato che si manifesta come volontà di dominio dell’uomo sulla donna o della donna sull’uomo.

L’esperienza mostra che l’uomo, che possiede maggior forza fisica, sovente domina e assoggetta la donna. È la triste esperienza di sempre: la donna violentata, la donna picchiata, la donna sfruttata, la donna asservita, la donna uccisa.

Dalla Parola di Dio ricaviamo alcuni principi validi per ogni uomo e donna di tutti i tempi:

l’uomo e la donna sono uguali per origine, dignità e valore.

Sono creati nella dualità maschio-femmina segnata dalla sessualità in vista di un incontro che completi e realizzi la persona e sia feconda generando altre vite.

L’istinto di dominio e possesso dell’altro viene dalla natura corrotta dal peccato ed è un male.

La dualità e la relazione non annullano o soffocano la libertà della persona che rimane sempre e comunque individuo.

Genesi inquadra dunque l’alterità (uomo/donna, maschio/femmina) in un contesto ambivalente: la donna è creata per colmare la solitudine dell’uomo, come suo aiuto, ma rimane un essere libero, “altro” rispetto all’uomo.

Genesi 2, 22-23: “Il Signore Dio formò con la costola, che aveva tolto all’uomo,

una donna e la condusse all’uomo.

Allora l’uomo disse:

Questa volta è osso dalle mie ossa,

carne dalla mia carne.

La si chiamerà donna (ISHA’)

perché dall’uomo (ISH) è stata tolta.

Dove sta la radice della violenza?

Nella non accettazione dell’alterità, nel non riconoscere la libertà e dignità dell’altra persona e nella radicalizzazione della pretesa di possesso dell’altro come via per affermare se stessi.

La vera alterità è quella di Dio nei confronti dell’uomo: Dio si propone, non si impone!

L’amore vero è il giocarsi di due libertà in un progetto condiviso. Un progetto che nasce dalla libertà personale di entrambi.

Quando l’individuo non sa vivere in modo sano l’alterità, che comporta anche il rischio del rifiuto e dell’abbandono, ma segue la logica dell’affermare se stesso a tutti i costi… si entra nella logica della volontà di dominare e possedere l’altro.

Questi sentimenti emergono, normalmente, anzitutto a livello di linguaggio con la perversione della parola: il parlare non è più dialogo = ascolto dell’altro e delle sue ragioni, confronto, ricerca di un accordo… ma espressione di una volontà di dominio = silenzio rancoroso, monologo astioso, urlo violento…

La parola diventa la prima espressione della violenza che, poi, si traduce in atti che portano anche all’uccisione.

Questa dimensione istintiva del desiderio di possesso dell’altro ha trovato poi, nei secoli, giustificazioni di tipo culturale: il patriarcato, la figura dell’uomo dominante sulla donna, la donna vista come proprietà e di tipo giuridico: il “delitto di onore” è stato abolito in Italia solo nel 1981!

La strada da percorrere dunque è anzitutto di tipo culturale: riscoprire quei principi che sono anche parte fondamentale della nostra Costituzione, ossia uomo e donna uguali nella dignità, nei diritti e nei doveri reciproci di rispetto e aiuto.

Inoltre, occorre investire in ambito educativo: proporre modelli sani di vita, di relazione uomo-donna, di rispetto dell’altro, della sua libertà e dignità.

Occorre insegnare che la persona forte non è quella che si impone sull’altro ma quella che, forte verso se stessa, sa dominare i propri istinti e rispettare, promuovere, il bene dell’altro.

Educare ad accettare anche la sconfitta, l’abbandono, la solitudine…

Togliere anche dal linguaggio comune alcune espressioni errate: “Uccido per amore!” No! “Uccidi perché non sai amare!”

Occorre anche un’inversione nel campo della gestione dei mezzi televisivi.

Che cosa trasmettono le nostre televisioni? Si accende la TV, si pigia il tasto di un qualsiasi canale, e immancabilmente si casca su una scena di violenza in cui qualcuno picchia, spara, ammazza, brucia, strangola o violenta qualcuno.

Uno studio sui ragazzi americani rivela che un bambino americano vede alla TV nel corso di un anno più di duemila morti ammazzati.

E che dire dei messaggi che i nostri ragazzi ascoltano sui moderni mezzi di comunicazione?

Il problema del femminicidio, dunque, come quello della violenza nei rapporti interpersonali, è un problema che non si può pensare di risolvere totalmente ma certo si può contenere e limitare.

È triste vivere un contesto di astio, rancore, violenza… quando sarebbe così bello vivere l’armonia voluta da Dio nell’atto del creare la donna:

Dio ha creato la donna dalla costola dell’uomo…

non dai piedi per essere calpestata

non dalla testa per essere superiore

dalla costola, cioè dal fianco, per essere uguale

un po’ più in basso del braccio per essere protetta

dal lato del cuore per essere amata.

(Dal Talmud)

Don Maurizio

 

 

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